La Corte di Cassazione, ancora una volta torna ad occuparsi di ASD e lo fa con l’ordinanza n. 31427 del 2 dicembre 2019, nella quale ha chiarito i presupposti per poter godere delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.
Nell’ordinanza in esame, la Suprema Corte decide sul ricorso un’associazione sportiva avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che ne aveva, a seguito di un accertamento, disconosciuto la natura associativa, sportiva e dilettantistica, per violazione del principio di democraticità, riqualificando l’attività come meramente commerciale, con relativo conseguente recupero di imposte evase.
Secondo la Corte è infondata la contestazione sollevata dalla Associazione Sportiva Dilettantistica che obiettava di essere iscritta al Registro Coni.
Le agevolazioni tributarie, di cui all’art. 148 del d.P.R. n. 917/1986, dipendono non dall’elemento formale della veste giuridica assunta (nel caso in questione, associazione sportiva dilettantistica), ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio ricade sul soggetto contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato puramente formale dell’affiliazione al CONI” (Cassazione, n. 16449/2016).
Le agevolazioni tributarie di cui all’articolo 148 Tuir, in favore di enti come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, “si applicano solo a condizione che le associazioni si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto” (Cassazione n. 4872/2015).
Dall’accertamento eseguito emergeva la mancanza di qualunque prova “che gli aventi diritto alla partecipazione alla vita associativa venissero effettivamente convocati e chiamati ad assumere le decisioni in sede di assemblea dei soci dell’associazione”, con conseguente violazione del principio di gestione democratica dell’associazione (uno dei requisiti previsti per poter sfruttare le agevolazioni fiscali).
Le associazioni sportive, pur non essendo obbligate alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie, devono comunque assolvere ad una serie di adempimenti documentali, da cui si possa dedurre la natura “dilettantistica” e le modalità di esercizio dell’attività.
In questa prospettiva il rendiconto economico finanziario rappresenta uno strumento di trasparenza e di controllo dell’intera gestione economica e finanziaria dell’associazione, da cui poter desumere, non soltanto il risultato economico dell’anno, ma anche la corretta destinazione degli utili di esercizio, ovvero delle modalità di copertura delle eventuali perdite.
I controlli possono legittimamente avere ad oggetto:
– dimostrazione della partecipazione alla vita e alla gestione dell’associazione, da parte dei soci;
– dimostrazione della validità delle assemblee, del numero legale dei presenti, dell’effettiva partecipazione alle stesse;
– redazione del rendiconto
– verifica del rispetto del divieto di distribuzione di utili.
– dimostrazione della partecipazione alla vita e alla gestione dell’associazione, da parte dei soci;
– dimostrazione della validità delle assemblee, del numero legale dei presenti, dell’effettiva partecipazione alle stesse;
– redazione del rendiconto
– verifica del rispetto del divieto di distribuzione di utili.
Spetta alle associazioni l’onere di dimostrare che tutti i proventi riscossi rientrino tra quelli di natura istituzionale e che l’eventuale avanzo di gestione sia stato reinvestito nell’ambito dell’attività sociale.
Mancando tale prova, per sfruttare le agevolazioni fiscali, non sarà sufficiente la semplice affiliazione a federazioni sportive nazionali, Enti di promozione sportiva o l’iscrizione al Registro Coni (Cassazione, n. 22739/2008).
Il regime agevolativo fiscale non dipende, dunque, dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro.
Dunque, anche se l’associazione ha ottenuto il riconoscimento del Coni, il giudice tributario può verificare se tale veste formale trovi o meno piena corrispondenza nell’attività esercitata, nascondendo una natura prettamente commerciale (Cassazione, sentenza n. 9614/2019).
Le stesse associazioni sportive dilettantistiche, quando svolgono attività di natura commerciale, diventano quindi soggetti passivi Iva, con esclusione delle sole prestazioni di servizi o le cessioni di beni effettuate nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali. Fermo restando che è comunque incompatibile con la natura di associazione dilettantistica sportiva la prevalenza dell’offerta di servizi funzionali a una strategia di tipo commerciale, sganciata dalla promozione di specifici valori ed eventi sportivi.