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DEFIBRILLATORE ED OBBLIGO DI PRESENZA DELL’ADDETTO ALL’UTILIZZO – RESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE E DELLA SOCIETA’

FONTE: https://www.studiolegalesperduti.it

La Corte Federale di Appello Nazionale della FIGC, a seguito dell’appello presentato dalla Procura Federale per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Lazio di cui al C.U. n. 284, nel cui giudizio era soggetto deferito il presidente di una società di calcio, seguito dallo studio legale dell’Avv. Matteo Sperduti, condannato in 1 grado a 6 mesi di inibizione per “…VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, DEL C.G.S. SIA IN VIA AUTONOMA CHE IN RELAZIONE A QUANTO PREVISTO E DISPOSTO, IN MATERIA DI UTILIZZO DI DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI ED AUTOMATICI ESTERNI (DAE), DALL’ART. 7, COMMI 11 ED 11 BIS, DEL DECRETO LEGGE N. 158 DEL 13 SETTEMBRE 2012 (DECRETO BALDUZZI), DALL’ALLEGATO E DEL DECRETO DEL MINISTERO DELLA SALUTE DEL 24 APRILE 2013…” , ha ribaltato la decisione (anche a seguito della mancata costituzione e difesa del soggetto deferito dinanzi all’organo di appello) andando ad accogliere il relativo ricorso in appello ed applicando la più grave sanzione dell’inibizione a 2 anni oltre all’ammenda di 5000 euro a carico della società.
 
 

“Per la sussistenza dell’illecito disciplinare di cui al citato art. 4, comma 1, CGS non è necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma specifica perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Essa è norma perfettamente autosufficiente e funge da ‘chiusura’ che permette l’applicazione delle sanzioni ove sia provata una condotta antisportiva che, anche senza una specifica violazione di legge, possa comunque affermarsi costituisca comportamento inaccettabile sotto il profilo della sua legittimità sportiva. Come ha precisato questa Corte “Il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva, ha assunto una dimensione più ampia, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva” (CFA, SS.UU., n. 53/2021-2022). La previsione di cui all’art. 4 CGS si sostanzia pertanto in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo. E non è un caso che le sanzioni per la sua violazione non siano predeterminate nel minimo e nel massimo, perché è l’elasticità stessa che caratterizza la norma primaria, la sua adattabilità alle situazioni e la sua estrema versatilità ad essere impiegata in combinato disposto con tutta l’altra serie di disposizioni vigenti, a giustificare un sistema sanzionatorio “aperto” e funzionale alle esigenze del caso, naturalmente secondo parametri motivazionali esplicitati e che si attaglino alla singola vicenda. Il ruolo della fattispecie diventa fondamentale per la soluzione del singolo caso e per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 113/2020-2021)”.

E’ chiaro quindi come l’art. 4 sia una norma generale, sempre applicabile nei caso di condotta antisportiva, con una “elasticità” tale da non poter determinare in concreto una sanzione specifica a priori. Questo assunto, però, non deve diventare un principio attraverso il quale si sanziona ogni minima condotta anche se non disciplinata dal Codice di riferimento.

A prescindere da quello che disciplina la normativa in materia, è fondamentale che le società sportive e tutti gli operatori del settore sportivo siano informati ed applichino le procedure inerenti la fornitura degli strumenti c.d. “salvavita”.

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