Le associazioni possono fare marketing? Si, a patto che la finalità sia quella di promuovere le loro attività ed attirare nuovi soci, volontari e risorse.
Raggiungere un pubblico più ampio di potenziali soci. Mettere in evidenza i propri servizi evidenziandone magari le peculiarità rispetto a quelli di altre organizzazioni, promuovere valori e comunicare traguardi raggiunti, raccogliere fondi per finanziare le attività sociali
Tecnicamente un’associazione non deve fare pubblicità (nel senso commerciale del termine). L’associazione non deve “vendere” un prodotto o un servizio ma semplicemente proporre alle persone di associarsi per svolgere una determinata attività (sportiva, ricreativa, culturale …)
Ad esempio, scrivere sul sito o sul profilo social dell’associazione “ iscriviti al nostro corso di nuoto a soli 100 euro al mese! Per i nuovi iscritti sconto del 50%” non è corretto. Anzi è proprio illegale!
Lo stesso messaggio si può scrivere in modo corretto cosi: “Diventa nostro socio! Potrai partecipare ai nostri corsi di nuoto con soli 100 euro di contributo mensile”.
Il marketing delle associazioni deve essere finalizzato a trovare nuovi soci e non a vendere una attività, un servizio oppure un evento.
Per lo Stato esiste una differenza sostanziale tra promozione e pubblicità. Siamo nel campo della pubblicità commerciale quando le modalità scelte per pubblicizzare le proprie attività sono considerate analoghe a quelle utilizzate nel settore profit
Occorre tracciare un confine e capire quando un messaggio, una locandina, un post su Facebook o su Instagram è da considerarsi una promozione delle attività, attività ammessa dal fisco, e quando invece si tratta di una pubblicità commerciale per vendere un’attività.