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Fisco e sport dilettantistico: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

In una circolare vengono affrontate nel dettaglio le questioni tributarie di interesse delle associazioni e delle società emerse nell’ambito del tavolo tecnico tra le Entrate e il Coni
Fisco e sport dilettantistico:|i chiarimenti dell’Agenzia
La disciplina delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro finisce sotto la lente di ingrandimento dell’Agenzia delle entrate: è stata pubblicata, infatti, la circolare n. 18/E del 1° agosto 2018, con la quale l’Amministrazione, all’esito del confronto con il Comitato olimpico nazionale, ha fornito i chiarimenti e le risposte relativi alle problematiche applicative riguardanti le agevolazioni fiscali previste per il settore dello sport dilettantistico.

Nella prima parte del documento di prassi, l’Agenzia opera una ricognizione della normativa che regola il regime tributario delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche. In particolare, vengono esaminate le seguenti disposizioni:

legge 398/1991 – disciplina del regime fiscale agevolato per il quale possono optare associazioni e società che, durante il periodo d’imposta precedente, hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro (il regime prevede modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’Iva, nonché semplificazioni contabili e dichiarative)
articolo 148, comma 3, Tuir – norma che stabilisce la non imponibilità ai fini Ires (decommercializzazione) di talune prestazioni rese da specifiche categorie di enti non commerciali associativi, quando sussistono congiuntamente le seguenti condizioni: a) le attività agevolate devono essere effettuate dagli organismi associativi tassativamente indicati (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche); b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese in favore degli iscritti, associati o partecipanti ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali; c) le stesse attività devono essere effettuate “in diretta attuazione degli scopi istituzionali – la norma in esame è applicabile anche alle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro.

La seconda parte della circolare, invece, è dedicata all’analisi degli effetti della recente riforma del Terzo settore (cfr decreti legislativi 112/2017 e 117/2017, emanati in attuazione della legge delega 106/2016) sull’applicabilità della disciplina fiscale prevista per gli enti sportivi dilettantistici non lucrativi.
Sul punto, l’Agenzia ricorda, in primo luogo, che il legislatore della riforma ha espressamente incluso l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche tra i settori delle attività di interesse generale in cui operano gli enti del Terzo settore per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e per le quali sono riconosciuti specifici benefici.
Tuttavia, dato che il settore dello sport dilettantistico presenta alcune caratteristiche peculiari, il legislatore ha deciso di conservare per gli enti che operano al suo interno le agevolazioni fiscali già esistenti.
Ne consegue che associazioni e società sportive dilettantistiche potranno scegliere se mantenere le agevolazioni fiscali per esse specificamente previste dalla vigente disciplina oppure, in alternativa, qualora decidano di entrare a far parte degli enti del Terzo settore, fruire dei benefici tributari previsti per tali enti.

Fatta questa premessa, la circolare analizza specificamente i riflessi della nuova disciplina del Terzo settore sulle norme fiscali già previste per lo sport dilettantistico:

innanzitutto si ricorda che il Codice del Terzo settore ha modificato alcune disposizioni relative all’ambito soggettivo di applicazione del regime della legge 398/1991, stabilendo, da un lato, la sua disapplicazione nei confronti degli enti del Terzo settore e, dall’altro, l’abrogazione delle norme che attualmente estendono l’applicazione del regime, rispettivamente, alle associazioni senza fini di lucro, alle pro-loco e alle associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza fini di lucro; tuttavia, queste modifiche saranno operative solo a partire dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea (espressamente prevista per talune disposizioni fiscali del Codice del Terzo settore) e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo a quello in cui sarà attivo il Registro unico nazionale del Terzo settore, con la conseguenza che fino ad allora l’ambito soggettivo del regime della legge 398/1991 resterà invariato. Successivamente, invece, tale regime non potrà più trovare applicazione nè nei confronti delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che sceglieranno di assumere la qualifica di enti del Terzo settore (iscrivendosi nel Registro unico nazionale) né nei confronti delle associazioni senza fini di lucro e delle associazioni pro-loco nonché delle associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza fini di lucro (in questo caso a prescindere dall’iscrizione o meno nel Registro unico nazionale del Terzo settore). Il regime in esame, invece, continuerà ad applicarsi alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che non assumeranno la qualifica di enti del Terzo settore
con riguardo, invece, agli effetti sulla “decommercializzazione” prevista dall’articolo 148, comma 3, Tuir, la circolare precisa che il Codice del Terzo settore contiene alcune disposizioni che incidono sulla sua operatività, stabilendo, da un lato, la disapplicazione dell’intero articolo 148 nei confronti degli enti non profit, e, dall’altro, prevedendo una modifica del comma 3. In particolare, dal novero degli enti non commerciali associativi a cui si applica la “decommercializzazione” vengono escluse le associazioni assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona. La norma, quindi, resta applicabile alle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, nonché alle associazioni sportive dilettantistiche. Anche queste modifiche, peraltro, saranno efficaci solo a partire dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo a quello in cui sarà attivo il Registro unico nazionale. Di conseguenza, solo le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che non assumeranno la qualifica di enti del Terzo settore potranno continuare ad avvalersi della “decommercializzazione”. Al contrario, le associazioni e le società che decideranno di assumere la qualifica di enti del Terzo settore non saranno più destinatarie della previsione dell’articolo 148, comma 3, Tuir.

L’ultima parte della circolare, strutturata secondo lo schema domanda/risposta, fornisce alcuni chiarimenti con riguardo a questioni puntualmente individuate.

Tra le risposte fornite dall’Agenzia, segnaliamo le seguenti:

mancata comunicazione alla Siae dell’opzione per il regime della legge 398/1991 – in presenza di “comportamento concludente” degli enti sportivi e di regolare comunicazione all’Agenzia delle entrate dell’esercizio dell’opzione, la mancata presentazione della comunicazione alla Siae non comporta la decadenza dal regime agevolativo. La stessa comunicazione, infatti, non ha natura costitutiva. Il documento di prassi precisa, però, che il mancato adempimento informativo è soggetto alla sanzione amministrativa da 250 a 2mila euro (articolo 11, Dlgs 471/1997)
tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti – nel caso di quote di iscrizione a corsi o quote di affiliazione, di importo esiguo, incassate in contanti dall’ente e poi versate cumulativamente sul proprio conto corrente per un importo complessivo pari o superiore a 1.000 euro, la circolare precisa che, a fronte dell’obbligo della tracciabilità, è necessario rispettare le seguenti modalità di documentazione e contabilizzazione: per ogni singola quota di iscrizione, l’ente deve rilasciare un’apposita quietanza e conservarne una copia. Inoltre dovrà annotare in un apposito registro le entrate e le uscite, i nomi dei soggetti, la causale e l’importo, consentendo, così, in caso di possibili verifiche, l’acquisizione delle informazioni
decadenza dal regime agevolato nel caso di superamento del limite dei 400mila euro – se il limite viene superato nel corso dell’ultimo mese del periodo d’imposta, il regime agevolativo si applica per tutto il periodo d’imposta in cui è avvenuto il superamento. Con riferimento all’intero periodo successivo, invece, l’ente dovrà applicare, ai fini Ires e Iva, le regole ordinarie
conseguenze in caso di tardiva presentazione del modello Eas – la presentazione dopo i termini ordinari o, comunque, oltre il termine per beneficiare della remissione in bonis, comporta la perdita delle agevolazioni connesse a tale adempimento per l’attività svolta fino alla data di invio del modello. L’ente sportivo dilettantistico può beneficiare del regime di favore dal periodo d’imposta in cui è avvenuta la comunicazione, ma soltanto per le operazione effettuate successivamente alla presentazione del modello. Si ricorda che l’Eas deve essere presentato entro 60 giorni dalla costituzione dell’ente e, in caso di variazione dei dati precedentemente comunicati, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la modifica. Inoltre, nell’ipotesi di perdita dei requisiti qualificanti (articolo 30, Dl 185/2008), il modello va ripresentato entro 60 giorni, compilando la sezione “Perdita dei requisiti”. Infine, si può rimediare all’eventuale dimenticanza, trasmettendo il modello nei termini fissati per la prima dichiarazione utile, versando, contestualmente, senza possibilità di compensazione, la sanzione di 258 euro, tramite il modello F24 con il codice tributo “8114” (remissione in bonis)
trattamento fiscale della cessione dei diritti alla prestazione sportiva dell’atleta – l’attività svolta in attuazione degli scopi istituzionali, dietro corrispettivo, da un atleta appartenente a una società e associazione sportiva dilettantistica senza fini di lucro, nei confronti di un ente con gli stessi intenti istituzionali, è considerata non commerciale e, quindi, non rilevante per l’Ires, se i due enti appartengono alla medesima federazione sportiva. Condizione indispensabile, inoltre, è che l’atleta abbia svolto, all’interno dell’organizzazione, un’attività diretta ad apprendere e migliorare la pratica sportiva dilettantistica. Sono escluse dall’agevolazione, quindi, le ipotesi di operazioni speculative. Il regime di favore, ad esempio, non può essere applicato nell’eventualità in cui il diritto alla prestazione dell’atleta sia stato precedentemente acquistato e poi rivenduto senza che l’atleta venisse coinvolto nelle attività istituzionali. In tal caso, la plusvalenza realizzata è rilevante ai fini Ires. Tassazione ordinaria anche per la cessione a enti diversi dalle associazioni o società sportive dilettantistiche. Se l’operazione è imponibile e l’ente ha optato per il regime agevolativo previsto dalla legge 398/1991, la plusvalenza derivante dalla transazione, specifica l’Agenzia, è assoggettata a tassazione in aggiunta al reddito forfettariamente determinato. Viene confermato che non concorre alla formazione del reddito il premio di addestramento e formazione tecnica (previsto dall’articolo 6, legge 91/1981), percepito dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fini di lucro, che hanno optato per il regime agevolativo della legge 398/1991
trattamento fiscale della cessione dei diritti di partecipazione al campionato – si applica la previsione agevolativa della “decommercializzazione” a condizione che la cessione avvenga da parte di una associazione o società sportiva dilettantistica senza fini di lucro a favore di un’altra associazione o società sportiva e che entrambe sia affiliate alla medesima Federazione sportiva. Inoltre, è necessario che l’ente che cede continui comunque, seppure in una categoria inferiore, a partecipare ai campionati.

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